VERTOVA, COLZATE E CASNIGO
Vertova, Colzate e Casnigo
il dialogo tra arte e fede
- Visita guidata intera giornata
- Pranzo in ristorante con incluso bevande
- Bus gran turismo
- Assicurazione RCT
Vertova
Il comune di Vertova, caratterizzato, fino agli anni ’80, dalla presenza di aziende manufatturiere tessili, oggi si presenta come un tranquillo borgo alle porte della spettacolare Val Vertova.
Un’area di interesse naturalistico e uno degli angoli più suggestivi della media Val Seriana. Per 12 Km, si insinua tortuosa ed incassata, tra il Monte Cavlera ed il Monte Cedrina sino nel cuore del massiccio del Monte Alben.
Presenta aspetti naturalistici e paesaggistici di notevole rilevanza; specie animali e vegetali endemiche, la cui presenza è stata segnalata esclusivamente in questo territorio.
Chiesa di Santa Maria Assunta
La chiesa, già nota nel 1277, fu ampiamente rifatta tra il 1690 e il 1707 su progetto di G. B. Quadrio. La sobria e severa architettura esterna è incorniciata da uno slanciato e ampio portico che la avvolge su due lati. Il pittoresco campanile, soprainnalzato nel 1710, conferisce alla struttura un’imponenza particolarmente accentuata dalla posizione sopraelevata dell’edificio rispetto al paese sottostante. Al semplice candore esterno si contrappone il fastosissimo interno barocco strutturato con un’ampia navata centrale, affiancata da due navatelle minori che raccordano le cappelle degli altari laterali con l’aula centrale.
La ricchissima decorazione in stucco dorato e medaglie dipinte dilaga dalla volta centrale in tutta la chiesa, opprimendo un poco la ricercata architettura dell’edificio, ma conferendo all’insieme un’atmosfera gioiosa e solenne. Maria Assunta è titolare del tempio, mentre San Patrizio e San Marco, di cui si conservano varie effigi, sono i patroni della comunità. L’altare maggiore, dedicato all’Assunzione di Maria, conserva una bella pala di Domenico Carpinoni e uno stupefacente coro intagliato con stalli della bottega dei Caniana, cariatidi di Andrea Fantoni e medaglie in terracotta di D. Bianchi. L’altare marmoreo è invece realizzato con gusto neoclassico e abbellito da sculture in bronzo di G. Siccardi. Tra gli altari laterali spicca, superbamente adornato, quello della Madonna del Rosario disegnato da G. B. Caniana nel 1708 e realizzato dalle botteghe dei Manni e dei Fantoni con una notevolissima profusione di marmi. Tra le opere scultoree merita attenzione il paliotto dell’altare dei Morti realizzato da Andrea Fantoni come il pulpito e le due mostre d’organo. Tra le numerose opere pittoriche di pregio è certamente degna di menzione la Pala della Madonna con Bambino e i Santi Marco e Patrizio di E. Salmeggia (1611).
Il Santuario di San Patrizio a Colzate
Aggrappato su uno sperone roccioso alle pendici del monte Cavlera, immerso nel silenzio di prati e boschi, il Santuario di San Patrizio sembra essere stato modellato dalla natura stessa, tanto appare stretto il suo rapporto con l’ambiente circostante. Le sue mura si fondono con la roccia: quasi una fortezza a picco sul fiume, la cui asprezza è tuttavia ingentilita da una serie di archi che invogliano a salire fin lassù per ammirare le vedute dalla balconata panoramica.
Restaurato negli anni ’80, il Santuario presenta all’ingresso un vasto sagrato su cui prospetta la grandiosa mole della facciata nord, con i tre archi asimmetrici in pietra viva del pianoterra. Guidati da Antonio Zaccaria e Barbara Mazzoleni, che ci hanno intrattenuto con la consueta competenza e brillantezza, abbiamo imboccato la rampa pedonale fino al piano del portico superiore che cinge il Sacello e la Chiesa del Santuario. Salendo, si intuisce la complessità di questo edificio, fatto di alti e di bassi, di pieni e di vuoti, di spazi piccoli e grandi, in perfetta armonia. Ma una domanda ‘sorge subito spontanea’: perché San Patrizio? Cosa ha a che fare il Patrono d’Irlanda, Saint Patrick, con un piccolo comune della Valle Seriana in provincia di Bergamo? Come sia giunto nella valle il culto del santo irlandese resta un mistero che ha favorito la nascita di numerose leggende: da quella secondo cui il Santuario sarebbe stato costruito da un gruppo di mercanti anglosassoni che scamparono all’invasione del Barbarossa rifugiandosi sul Cavlera, a quella per cui anche qui si sarebbe trovato un «pozzo di S. Patrizio», che scendeva fino a lambire le acque del Serio.
La ragione di fondo, tuttavia, è probabilmente commerciale, legata ai tanti traffici che la valle aveva con l’estero, proprio in conseguenza della sua produzione di tessuti e coperte. Certo è che, tra miracoli e segreti, ci volle un lavoro di secoli per strappare successivamente alla roccia lo spazio necessario per trasformare l’edificio da tempietto medievale a vero e proprio santuario. Dopo la costruzione di una semplice tribulina del XII secolo, il nucleo più antico del Santuario (il Sacello) risale infatti al XIV secolo; la chiesa grande risale invece ad un periodo tra il ‘500 e ‘600 (con affreschi del ‘600 e del ‘700); ad abbracciarle tutto intorno, l’arioso portico del ‘700.
Il piccolo Santuario trecentesco, il Sacello: è qui che ebbe origine e sviluppo il culto dei Vertovesi a S.Patrizio. Il semplice edificio, con l’altare rivolto a oriente, è ornato all’interno e all’esterno di numerosi affreschi iconografici e votivi, databili fra il 1450 e il 1520, restaurati negli anni ’80 proprio dal nostro Antonio Zaccaria. Antonio ci ha raccontato che, durante i lunghi mesi del restauro, la sorpresa più grande l’ha riservata l’altare: spostando la grande e pesante pietra della mensa è stato scovato un piccolo vano con un’urna lavorata in pietra in cui erano custodite reliquie (frammenti di ossa e stoffa) probabilmente di S. Patrizio (ma non è accertato). Inoltre, eliminando l’intonaco aggiunto nei precedenti restauri e spostando casualmente alcuni mattoni sul fronte dell’altare, è riemersa una crocifissione affrescata sull’altare originale.
Il Santuario grande conserva un ciclo pittorico del XVII secolo (ciclo degli apostoli) e del secolo XVIII (storie di San Patrizio). Sull’arco trionfale si può ora ammirare una vistosa annunciazione. L’interno della Chiesa presenta un tipico esempio di pittura scenografica che trasforma le superfici architettoniche in sfondati illusionistici, come era nel gusto della cultura settecentesca. Le pareti laterali narrano i fatti più salienti della vita di S. Patrizio. Sull’altare una bella tela settecntesca di Francesco Capella. Una statua policroma di San Patrizio, pregevole opera di Giovan Battista Caniana, spicca nella navata barocca del santuario.
La vita di San Patrizio.
San Patrizio, il cui vero nome si narra sia Maewyn Succat, nacque tra il 387 e il 392 a Kilpatrick, in Scozia, in una nobile famiglia di origine romana. Venne rapito da adolescente da pirati irlandesi e venduto come schiavo a Muirchu, re del North Dàl Riada, località non lontana da Belfast, in Irlanda. Qui, per sei anni, lavorò portando al pascolo pecore ed altri animali e tessendo gomitoli di lana. Nel frattempo però apprese la lingua Gaelica e tutte le pratiche dei druidi.
Un giorno, ribellandosi al proprio padrone, scappò e, percorrendo a piedi circa 184 miglia, si imbarcò clandestinamente su di una nave diretta in Inghilterra. Alcune leggende narrano che oltre che in Gran Bretagna, il futuro santo, si recò anche in Francia e in Italia, sino al ritorno in Irlanda nel 432. Divenuto vescovo, iniziò a convertire la popolazione dal paganesimo al cristianesimo, così come volle Papa Celestino.
Quest’ultimo, poco prima della sua morte, lo battezzò finalmente come San Patrizio (dalle parole latine pater civium, ovvero padre del suo popolo), e gli affidò la missione di estirpare dall’Irlanda il paganesimo e convertire l’intera nazione alla cultura cattolica. San Patrizio fu spesso minacciato di morte, catturato e condannato, ma riuscì comunque a portare avanti la sua missione in nome di Dio. Trattò con i Druidi per affiancare una simbologia cristiana alla festa celtica di Beltaine (1° maggio) che celebrava il ritorno dell’estate. Di qui il simbolo del sole aggiunto sulle croci celtiche.
La sua opera fu così grandiosa che oltre sessanta chiese furono costruite in suo onore, la più importante delle quali si trova a Dublino (St. Patrick’s Cathedral) e divenne ben presto un eroe nazionale, oltre che patrono d’Irlanda. Morì il 17 marzo del 461. Dove è poco chiaro, chi dice in Inghilterra, chi nel Galles. Un’altra versione dice invece che il santo morì nel 493 e che sia sepolto a Downpatrick, in Irlanda.
Leggende su San Patrizio.
Secondo la tradizione irlandese, in Irlanda non ci sarebbero più serpenti da quando San Patrizio li cacciò in mare. Questa leggenda è connessa a quella della montagna sacra irlandese, Croagh Patrick, sulla quale il santo avrebbe trascorso quaranta giorni, gettando alla fine una campana dalla sommità del monte nell’attuale Baia di Clew per scacciare i serpenti e le impurità, formando le isole che la contraddistinguono.
Celebre anche la leggenda del pozzo di San Patrizio, il pozzo senza fondo, da cui si aprivano le porte del Purgatorio. Da notare la presenza della leggendaria figura di San Patrizio anche nell’emblema nazionale irlandese, il trifoglio (shamrock). Grazie ad un trifoglio, si racconta infatti, San Patrizio avrebbe spiegato agli irlandesi il concetto cristiano della Trinità, sfogliando le tre piccole foglie legate ad un unico stelo.
Casnigo
Nel pomeriggio visita guidata al caratteristico centro storico di Casnigo e alla sua parrocchiale e al Santuario della SantissimaTrinità, conosciuto anche come la Sistina della Bergamasca.
Casnigo è un comune di 3.343 abitanti della provincia di Bergamo. Il territorio comunale è morfologicamente molto diversificato: si sviluppa in modo longitudinale nella parte centrale della valle Seriana, racchiudendo nei propri confini una zona alluvionale di fondovalle, un altopiano e parti collinari e montuose. Piccoli insediamenti residenziali sono presenti sulle propaggini montuose del pizzo di Casnigo e del monte Farno, su cui si trova la frazione Ronco Trinità, situata nei pressi dell’omonimo santuario.
Il territorio comunale è disseminato di numerosi edifici sacri che ricoprono grande importanza dal punto di vista artistico e religioso. Il principale di questi è la chiesa arcipresbiteriale plebana di san Giovanni Battista, attorno alla quale si è sviluppato il centro storico del paese. La sua origine è riconducibile al periodo compreso tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, come testimoniato dall’incisione, ricavata sui gradini dell’altare, recante i numeri romani MC (1100 appunto), che la rendono la più antica chiesa battesimale della Valgandino.
Originariamente intitolata a san Giovanni Battista e san Giorgio, possedeva una struttura dalle dimensioni molto limitate. Questa venne quindi abbattuta verso la metà del XV secolo per far spazio ad un complesso più spazioso che potesse fronteggiare le mutate esigenze della popolazione. Il nuovo edificio, in stile gotico-lombardo, venne consacrato nel 1471, con numerosi affreschi eseguiti nel 1484 dalla bottega dei Marinoni, ed innalzato a rango di chiesa arcipresbiteriale nel 1460. La sempre crescente importanza costrinse le autorità religiose locali a riedificarla con una struttura più spaziosa tra il 1617 e il1640, mantenendo della precedente soltanto alcuni paramenti e dipinti. Da allora l’architettura è rimasta inalterata.
La chiesa possiede una grande quantità di opere d’arte, delle quali la più importante con ogni probabilità è la serie di armadi intagliati dal tirolese Ignazio Hillipront, che ricoprono le quattro pareti della sagrestia e presentano un continuo susseguirsi di intagli ad arabesco, di statue di santi ed angeli. Nell’armadio posto di fronte all’ingresso vi è una nicchia in cui è collocato un crocifisso tra due angeli, opera di Andrea Fantoni.
Di grande importanza è anche l’altare maggiore, eseguito nel 1625 in marmo nero di Gazzaniga, ed ornato da una tribuna in legno dorato. Inizialmente attribuito a Grazioso Fantoni, venne riconosciuto poi come opera di Antonio Montanino da Brescia. Altre opere sono la pala, posta nell’abside, della Vergine Incoronata con santi opera di Gian Paolo Cavagna, la volta affrescata da Enrico Albrici con sette medaglioni raffiguranti la vita di san Giovanni Battista e la Pietà di Palma il Giovane.
Numerosi sono gli altari minori presenti: il primo laterale è quello del Suffragio (o dei Morti), eseguito dalla Bottega di Bartolomeo Manni in marmo nero, con un dipinto di scuola veneziana del XVII secolo; vi è poi l’altare di san Giuseppe, anch’esso opera dei Manni, con un paliotto in marmo di Carrara eseguito da Andrea Fantoni e rappresentante la Fuga in Egitto; l’altare della Pentecoste (o del Battistero) che presenta in controfacciata il quadro Incoronazione di Maria e Santi di Gian Paolo Cavagna; l’altare di san Sebastiano, con la pala del santo con sant’Orsola, eseguito da Carlo Ceresa; l’altare della Madonna del Rosario in marmi policromi e la statua lignea della Madonna con Gesù, opera di Giovanni Avogadri, ed infine l’altare dell’Immacolata, anch’esso in marmo policromo opera dei Manni, con medaglione in marmo di scuola fantoniana e la pala dell’Immacolata Concezione con Adamo, Eva e quattro profeti, dipinta da Domenico Carpinoni.
Di notevole importanza è il santuario della Santissima Trinità, posizionato su una terrazza naturale sulle pendici del monte Farno. in posizione dominante sul paese e la bassa valle Seriana.
La struttura risale a tre differenti epoche: quella primitiva dovrebbe risalire al termine del XV secolo, seguendo l’indicazione posta sulla parete sud che riporta la data 1491. In origine la chiesa aveva dimensioni ridotte, tanto che la struttura originaria oggi fa parte del portico antistante l’ingresso, che ancora conserva interessanti affreschi. Un successivo ampliamento, eseguito tra il 1575 ed il 1596, donò al santuario una struttura a navata unica. L’ultima ristrutturazione rese la chiesa più spaziosa con una pianta a croce latina ed uno stile romano-gotico.
All’interno, sull’altare maggiore si trova un polittico di Giovanni Marinoni e suo figlio Antonio, dotato di cornice dorata e composto da sei scomparti disposti su due ordini, mentre presso l’altare dell’Annunciazione si trova la pala Annunciazione della Vergine di Domenico Carpinoni e sull’altare di san Marco con la pala Santissima Trinità con santi di Francesco Zucco. Di grande interesse è il grande affresco collocato sul timpano che conclude l’aula cinquecentesca, su cui è dipinto un dipinto del Giudizio Universale eseguito da Cristoforo Baschenis detto Il Vecchio, da molti considerato come la piccola cappella Sistina bergamasca.
Fonti: itinerari.bergamo.it – valseriana.eu
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i prezzi e le condizioni condizioni di viaggio
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