LA MINIERA DI SCHILPARIO

Costituita nel 1997, con lo scopo di rivalutare e trasmettere alle future generazioni la storia e la cultura mineraria della Val di Scalve, la Cooperativa SKI MINE di Schilpario ha realizzato vari percorsi all’interno del sotterraneo delle miniere di Schilpario.

Questi percorsi, inseriti nell’ambito del “Parco Minerario ing. A. BONICELLI”, sono attrezzati con illuminazione elettrica, documentazione fotografica d’epoca, oggetti e utensili usati nella miniera, ferrovia originale con vagonetti e trenini per il transito dei visitatori. Giovani guide che hanno frequentato un apposito corso di formazione, e vecchi minatori, accompagnano e rendono edotti i visitatori. I percorsi che si snodano per circa 4 chilometri, dei 60 esistenti nel complesso
minerario di Schilpario, sono itinerari reali da cui emerge la cruda realtà che riporta alla fatica di questo duro lavoro di cui diverse generazioni furono protagoniste. L’iniziativa attuata dalla SKI MINE, vuole essere una novità per proporre un turismo particolare improntato sull’ambiente, sulla cultura e per testimoniare l’identità di appartenenza ai futuri abitatori e visitatori di questa splendida valle.

VAL DI SCALVE, un ambiente prealpino di incantevole bellezza, in cui l’uomo ha perpetuato per secoli la tradizione mineraria improntando la propria storia, cultura ed economia.

La Val di Scalve, fu di fatto sino agli ’70 del secolo scorso, una terra a vocazione mineraria a causa dei suoi giacimenti di minerali che la resero celebre e contesa.

Antecedentemente al 1600, l’escavazione del minerale nelle miniere scalvine, avveniva con metodi arcaici ed empirici. In seguito fu introdotta in valle, che in quei tempi era sotto il dominio della Serenissima Repubblica di Venezia, la polvere nera o da mina. L’uso di questo esplosivo incrementò notevolmente la quantita di miniere.

La Serenissima istituì nel 1488 la prima legge mineraria che con i decreti successivi fu da guida nella conduzione delle miniere sino al 1796. La vena del minerale era individuata negli affioramenti che generalmente erano posti a oltre 2000 metri di quota. Qui il minerale era in vista e lo si scavava scendendo nel cuore della montagna. Gli accessi angusti scavati con economia, erano chiamati “bocche”, da li, i “purtì” scendevano sino all’interno della miniera dove il minerale precedentemente scavato e scelto veniva caricato dentro le caratteristiche gerle.

I “purtì”, ragazzi dagli 11 ai 15 anni, salivano con il prezioso carico percorrendo il cunicolo che portava all’uscita rischiarando il cammino con la lampada ad olio. Una ciotola in terracotta posta all’interno della miniera, serviva per contare le salite, ognuno poneva nella propria ciotola un piccolo sasso per fare la conta.

Nel 1936 le grandi società siderurgiche (FALCK, BREDA, FERROMIN) rilevarono le concessioni minerarie che sino ad allora erano di consorzi locali, introducendo moderni macchinari ad aria compressa, ferrovie e pale meccaniche.

Vi fu in effetti una rivoluzione che intensificò la produzione mineraria, i processi di escavazione e di arricchimento del minerale, ed anche i minatori iniziarono a recepire i primi salari.

L’attivita di fusione del minerale, prodotta con carbone di legna, avveniva nei forni fusori. Questa lavorazione iniziata molti secoli addietro si perfezionò nel tempo e durò sino alla primavera del 1953. Negli anni successivi, l’attivita mineraria fu solo di estrazione e nella primavera del 1972 anche questa cessò definitivamente per non essere piu riavviata. In seguito anche le miniere di barite del Giovetto e quelle di fluorite della Presolana chiusero. Si concluse cosi un’epoca e una tradizione economico mineraria in Val di Scalve.

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